Vis-à-vis con l’aSSESSORE alla sanità valdostana: 5G e il Principio di Precauzione.

A cura di  Monica e Sabrina   30 aprile 2025

Vis-à-vis con l’aSSESSORE alla sanità valdostana:
5G e il Principio di Precauzione.


Martedì 8 aprile, 2025 abbiamo incontrato l’assessore alla Sanità della Valle d’Aosta, Carlo Marzi, il Direttore del Dipartimento e dell’Area della Prevenzione dell’Azienda USL, Maurizio Castelli, e i dirigenti di ARPA VdA Marco Cappio Borlino (direttore tecnico) e Valeria Bottura (responsabile degli Ambiti Operativi Aria, Pressioni sull’Ambiente, Atmosfera e Radiazione Solare).
Un incontro fortemente voluto da noi cittadini per portare all’attenzione delle istituzioni le nostre preoccupazioni in merito ai possibili effetti sulla salute derivanti dall’implementazione del 5G e dalla crescente esposizione ai campi elettromagnetici (CEM).
La nostra iniziativa è nata anche in seguito alla notizia che, i primi di aprile, la Commissione regionale si era riunita per audire alcuni esperti in materia di 5G — un momento di confronto che, ricordiamo, in Valle d’Aosta avviene in forma secretata (come previsto dall’articolo 31, comma 6 del regolamento del Consiglio regionale).
Il nostro è stato un confronto richiesto con spirito costruttivo e senso di responsabilità, come cittadini consapevoli e attivi, mossi dal desiderio di tutelare la salute pubblica e il territorio in cui viviamo.

L’assessore ha aperto l’incontro sottolineando la natura informale della riunione, specificando che l’Assessorato alla Sanità non ha accesso diretto né alle discussioni né ai documenti delle Commissioni consigliari, che operano in modo indipendente. Ha chiarito inoltre che gli assessori non possono partecipare alle commissioni, a meno di una convocazione formale. Un passaggio che ci ha colpiti, poiché come cittadini davamo per scontata una connessione più diretta tra Commissioni e Assessorati, soprattutto su temi così rilevanti per la salute pubblica.

“[...] Io nelle commissioni non posso andarci a meno che non vengo udito”[...] è il Presidente della Commissione che, nel caso specifico, mi audisce [... ]. Fra l’altro l’articolo 20 del Consiglio regionale [...] Dice espressamente [...] che nessun membro del governo può far parte di nessuna Commissione,” ha spiegato l’assessore.

A quel punto, abbiamo espresso il nostro disappunto:  è davvero stravagante che le commissioni consigliari siano secretate e che i cittadini non possono sapere di cosa si discuta, ma lo stupore si amplifica al pensiero che quando si parla di salute pubblica e 5G in Commissione, l’assessore alla Sanità non viene nemmeno messo a conoscenza degli interventi degli esperti.

Entrando nel vivo della riunione, abbiamo consegnato all’assessore una relazione tecnica redatta dal Dottor Gandus, medico oncologo, che il 2 aprile ha partecipato alle audizioni in V commissione come esperto insieme alla scienziata Dott.ssa Belpoggi, Direttrice emerita dell’Istituto Ramazzini di Bologna. 

Molti sono i riferimenti scientifici nazionali e internazionali, che indicano una correlazione tra esposizione a campi elettromagnetici e gravi patologie, in particolare tumorali, senza tralasciare un aspetto spesso trascurato: l’impatto sui bambini. Infatti Il cranio di un bambino è più sottile e più permeabile alle radiazioni rispetto a quello di un adulto, il che rende l’esposizione alle radiofrequenze potenzialmente ancor più pericolosa. “Se questi segnali attraversano il corpo di un adulto senza ostacoli, immaginiamo cosa possa accadere a un organismo in via di sviluppo” abbiamo suggerito, sottolineando la necessità di prudenza, in particolare in prossimità di scuole e ambienti sensibili.

Per esprimere la nostra preoccupazione abbiamo sottolineato alcuni aspetti importanti,come la Risoluzione 1815 del Consiglio d’Europa (2011), che raccomanda limiti precauzionali di 0,6 V/m, da ridurre a 0,2 V/m nel medio termine. Proseguendo con la Legge 221/2012 – gOVERNO Monti relativa all’innalzamento dei limiti di esposizione in Italia. La media di esposizione non viene più calcolata su 6 minuti, ma su 24 ore, rendendo le soglie molto meno restrittive rispetto ad altri Paesi europei.
Abbiamo infine menzionato lo studio dell’Istituto Ramazzini, che ha riscontrato un aumento significativo di tumori su modelli animali esposti a radiofrequenze senza dimenticare alcune sentenze importanti, come quella del TAR Lazio (n. 500/2019) e del TAR di Monza (n. 13/2019), che riconoscono il legame tra CEM e tumori “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Tutto questo per portare l’attenzione su un principio cardine: il principio di precauzione, sancito a livello europeo attraverso l’articolo 191 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) recepito dall’Italia attraverso il Codice dell'Ambiente all'articolo 301 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Inoltre, nel caso specifico dei CEM, la  Legge Quadro n. 36/2001 promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione ed infine la Delibera regionale 2382/2002 stabilisce le modalità operative per il controllo delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti in Valle d'Aosta. Sebbene non menzioni esplicitamente il principio di precauzione, le misure adottate per il controllo delle radiazioni riflettono l'applicazione di tale principio, mirando a prevenire rischi potenziali per la salute umana e l'ambiente.

Il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE impone di agire anche in presenza di incertezze scientifiche, adottando misure preventive a tutela della salute umana e dell’ambiente.

Il nostro intervento continua aggiungendo e ribadendo che “Se esiste anche solo un piccolo dubbio che queste tecnologie possano nuocere alla salute, abbiamo il dovere – istituzioni comprese – di fermarci, riflettere, indagare. Non possiamo permettere che l’inerzia o la pressione delle grandi compagnie prevalgano sul diritto alla salute.” [...]“Alcuni sindaci con cui abbiamo parlato si sono dimostrati sensibili al tema, ma molti lamentano di non avere gli strumenti – o il sostegno – per contrastare l’espansione incontrollata di antenne sul territorio.”

“[...] la storia dei Sindaci lasciati soli mi fa schiantare” ha detto l’assessore Marzi.

Su questo argomento è intervenuto anche il Dott. Castelli, che ha toccato i vincoli normativi imposti ai sindaci: “ I sindaci sono stati tagliati fuori. C'è una norma del 2024, Piano Italia 5G, con un emendamento di un senatore del partito di maggioranza relativa, che ha fatto divieto ai sindaci di bloccare attività legate all’organizzazione territoriale[...]. È un problema che vola molto alto sulla testa di tutti, compresa quella dei sindaci.”

Continua il Dott. Castelli, “ bisogna cercare di regolamentare la tecnologia in modo tale che venga resa la meno dannosa possibile”, “[...] ma quanti bambini di due o tre anni sono nel passeggino con un tablet?” “[...] facciamo finta di non sapere le cose, però c’è già una data per l’ingresso della commercializzazione del 6G [...] la conoscete, 2030”. “Allora, cinque anni sono un periodo troppo breve per capire gli effetti a lunga durata di un 5G [...] sull’essere umano”. “Quello che si fa chiamare Istituto Ramazzini ma in realtà è una cooperativa sociale ONLUS che non ha avuto nemmeno l’accredito come istituto di ricovero in Cura a Carattere Scientifico dalla Regione Emilia-Romagna.”

Ma se davvero cinque anni non bastano per valutare gli effetti a lungo termine del 5G sull’essere umano, non sarebbe più logico sostenere anziché screditare chi ha già avviato ricerche in questa direzione, come l’Istituto Ramazzini? In base al principio di precauzione, non dovrebbe essere proprio questo il momento di approfondire e monitorare, anziché minimizzare? Se studi scientifici indipendenti non sono ritenuti sufficienti, chi dovrebbe allora farsi carico di queste valutazioni e con quali criteri?

Dopo le infelici parole del Dott. Castelli verso l’Istituto Ramazzini vorremmo spendere due parole in più. l'Istituto Ramazzini di Bologna è stato accreditato come laboratorio della Rete Alta Tecnologia dell'Emilia-Romagna, riconoscendo l'eccellenza del suo lavoro di ricerca e sviluppo. Inoltre, l'Istituto Ramazzini è attualmente in fase di riconoscimento come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS). Nel gennaio 2020, la Regione Emilia-Romagna ha accolto la proposta dell'Istituto, avviando l'istruttoria per il riconoscimento ufficiale. Il percorso prevede ulteriori passaggi formali, inclusi il pronunciamento favorevole dell'Assemblea legislativa e la presentazione di una domanda formale alla Giunta regionale. Successivamente, la documentazione sarà inviata al Ministero della Salute per la decisione finale.  

Pertanto, sebbene non sia ancora ufficialmente un IRCCS, l'Istituto Ramazzini è riconosciuto come ente di ricerca scientifica di rilevanza internazionale, con un forte impegno nella ricerca sul cancro e nella prevenzione oncologica.

Il Dott. Castelli prosegue dicendo che “Intanto dal punto di vista scientifico, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo considera il rischio come possibilmente cancerogeno, 2B. E questo lo dobbiamo tenere in conto [...]”

Quindi ci dà ragione! Ma se il 5G o meglio, le radiofrequenze, sono classificati come “possibilmente cancerogeni” dall’OMS (classe 2B) e che quindi “lo dobbiamo tenere in conto”, in base a quali criteri scientifici e sanitari si decide comunque di procedere con l’implementarlo senza applicare concretamente il principio di precauzione?
Qual è il livello di rischio accettabile che si sta assumendo per la popolazione, e chi lo stabilisce?"

Noi non vogliamo creare allarmismo, pretendiamo solo trasparenza e prudenza. Non vogliamo fermare il progresso, ma esigiamo che venga accompagnato da studi scientifici (osservati a 360°) con regole chiare e, soprattutto, con il rispetto del principio di precauzione. È legittimo chiedere misurazioni trasparenti, logica e buon senso, dati accessibili, coinvolgimento delle comunità locali, specialmente quando in gioco ci sono, i bambini e la salute della collettività.

Durante l’incontro, è intervenuto anche un’insegnante, che ha condiviso la sua esperienza quotidiana a contatto con gli studenti. Le sue parole hanno toccato un altro punto sensibile: il rapporto tra giovani, tecnologia e salute. Ha poi portato l’attenzione su una grande antenna situata proprio davanti alla scuola in Viale della Pace, che desta non poca preoccupazione tra le famiglie e chiede, ai tecnici dell’ARPA di effettuare misurazioni dentro le scuole considerando anche aspetti diversi. Anche Anna, un’altra cittadina consapevole, ha portato all’attenzione un aspetto spesso trascurato: gli effetti ambientali del 5G, in modo particolare sulle api. Un allarme ribadito con forza anche da Miranda, operaia forestale, che ha portato una testimonianza diretta dal territorio. Negli ultimi tre anni, lavorando all’aperto ha potuto vedere sciami confusi: “Api che sciamano in maniera compulsiva e questo non era mai successo prima” fa sapere con forza!
Un intervento lucido e sentito, che ha spinto l’assessore Marzi a porre una domanda concreta: “Voi avete coinvolto anche l’assessorato all’agricoltura da questo punto di vista?”

In quel momento non avevamo ancora un incontro con l’assessore all’agricoltura ma oggi possiamo dirvi che lo incontreremo a fine maggio. Comunque, secondo noi, la mancanza di coordinamento tra assessorati, la difficoltà nel raccogliere dati certi, la percezione di isolamento dei territori di fronte a colossi delle telecomunicazioni: sono tutti segnali di un sistema che ha bisogno di più ascolto, più trasparenza, più ricerca.

Proseguiamo il nostro confronto portando a conoscenza dei presenti un altro aspetto che ci ha colpito molto, ovvero l’alluminio nel miele e nell’acqua piovana. Abbiamo fatto analizzare alcune tipologie di miele prodotte in tre vallate diverse e a tre altitudini differenti.  Tutte le analisi, condotte da un laboratorio accreditato, hanno rilevato la presenza di alluminio. Non solo nel miele artigianale valdostano, ma anche nell’acqua piovana recuperata ad una altezza di circa 1000 mt. E non siamo i soli: anche molte associazioni di diverse regioni italiane ed in particolare il Sindaco di Francavilla Marittima (CS)  in Calabria, ha fatto fare analisi simili trovando gli stessi risultati, ovvero la presenza di alluminio.

L’incontro continua ed ascoltiamo con molto interesse l’intervento dei tecnici dell’ARPA, che entrano  nel dettaglio dell’attività relativa ai campi elettromagnetici spiegando che il loro lavoro si concentra sulla prevenzione e sul controllo. In fase preventiva, ogni nuova antenna viene valutata e i dati vengono confrontati con quelli delle antenne esistenti nella zona ed infine eseguono una simulazione numerica del campo elettromagnetico. I valori ottenuti vengono confrontati con i limiti stabiliti dalla legge nazionale, che sono obbligatori per tutti.  “Sono cambiati i limiti?” Chiediamo. “Sì” rispondono i tecnici dell’ARPA fino a prima del 2011 erano 6 V/m su sei minuti, nei luoghi frequentati abitualmente per più di 4 ore al giorno, e 20 V/m su sei minuti [...] nel 2011 è stata introdotta la media su 24 ore, che effettivamente corrisponde a un aumentare il limite [...]”  “[...] rimanendo, però, il limite di esposizione dei 20 V/m su sei minuti [...]" "A questo punto cosa succede? Che avendo i 15 V/m su 24ore, e il 20 v/m che è rimasto sui 6 minuti, è più probabile che un impianto violi il 20 su sei minuti anziché 15 su 24 ore perché come dicevamo prima sulle 24 ore si fa una media, quindi se ci sono dei picchi alti vengono compensati dal valore basso notturno"

Teniamo sempre a mente la somma della legge del 2011 (media su 6 minuti portata a 24 ore) e quella del 2023 (da 6 V/m a 15V/m).

Ci spiegano che collaborano con il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), che fanno molti rilievi, specialmente nei siti in cui le simulazioni sono vicine ai limiti, e che sono intervenuti anche in scuole e in altri edifici pubblici. Utilizzano vari software forniti dalla SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) per fare simulazioni codificate e normate. Infine chiariscono che le antenne (4G e 5G) tonde, “a padellone”, servono per collegamenti punto-punto, come una torcia che invia un fascio stretto di segnale, queste non diffondono onde sul territorio e non hanno impatto rilevante sull’esposizione della popolazione. Diverso è per le antenne della telefonia, sono tre per ogni impianto, disposte a 120°, per coprire un cerchio completo, possono essere lunghe a rettangolo oppure quadrate, le loro onde in questo caso si diffondono sul territorio.

Restano comunque diversi aspetti da approfondire, anche perché, ad oggi, esistono numerose ricerche che affermano che le onde elettromagnetiche possono essere dannose.

Questo incontro, prezioso ed importante ha confermato una cosa: c'è bisogno di partecipazione, di domande scomode e di dialoghi reali. E se è vero che capire la scienza non è sempre facile, è altrettanto vero che la salute, l’ambiente ed il futuro non sono temi delegabili.

Continueremo a raccontare, a documentare e a condividere sul Granellino di Sabbia, perché l'informazione consapevole è il primo passo per cambiare davvero le cose.


Riportiamo qui di seguito alcune  delle domande inviate via mail agli addetti ai lavori che ringraziamo per la loro disponibiltà e cortesia e nel frattempo, resteremo in attesa delle loro risposte.

  • Ci sono piani specifici per adattare le normative regionali in base alle nuove evidenze scientifiche, o misure come la creazione di aree a bassa esposizione ai CEM, come già suggerito in altre regioni?
  • Se non ci sono certezze scientifiche definitive, come possiamo giustificare la mancanza di misure preventive, considerando che il principio di precauzione stabilisce chiaramente che in caso di incertezze sui rischi per la salute, le istituzioni devono comunque adottare misure protettive?
  • Sebbene non tutti gli studi siano concordi, esistono molteplici ricerche, come, ad esempio quelle pubblicate da Il Dott. Santiago, 2015, l’istituto Ramazini di Bologna, National Toxicology Program e da A.M.I.C.A. che mettono in evidenza potenziali rischi per la salute, in particolare sui tessuti biologici del corpo umano. Non è quindi il caso di prendere in considerazione tali evidenze in nome della prudenza?

Ricordando inoltre che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l'International Agency for Research on Cancer (IARC), hanno classificato alcune forme di radiazioni elettromagnetiche come "possibilmente cancerogene" (classe 2B), pur non avendo prove definitive di danni diretti.

  • La Regione dispone di monitoraggi regolari e trasparenti riguardo l’esposizione ai CEM? Se sì, quali sono i dati attuali e come vengono interpretati alla luce delle normative europee e internazionali?
  • Nonostante la mancanza di prove scientifiche definitive, molte persone si preoccupano seriamente per gli effetti a lungo termine dell'esposizione ai CEM. Come pensa che le istituzioni regionali possano dare risposte alle preoccupazioni dei cittadini, chiedendone la FIDUCIA, se ignorano i potenziali rischi sulla salute e non danno alcuna informazione ai cittadini stessi?
  • Data la crescente diffusione di tecnologie come il 5G, non sarebbe opportuno introdurre nuove normative regionali per limitare l'esposizione ai CEM in luoghi sensibili, come scuole e ospedali, o per stabilire misure preventive in attesa di ulteriori ricerche?"
  • In considerazione dell'introduzione di nuove tecnologie come il 5G e delle preoccupazioni crescenti riguardo ai potenziali effetti sulla salute umana delle onde elettromagnetiche, quali strumenti e metodologie vengono utilizzati da ARPA per monitorare con precisione e in modo adeguato l'esposizione a queste frequenze, in particolare quelle millimetriche e submillimetriche?Considerato che queste nuove frequenze non sono state precedentemente utilizzate in modo diffuso, sono stati adottati strumenti specifici per misurarle in modo accurato, o si stanno applicando nuove tecniche di misurazione rispetto ai metodi di rilevamento esistenti?
  • In merito al monitoraggio delle onde elettromagnetiche, ARPA effettua misurazioni regolari in luoghi sensibili come scuole, ospedali e altre strutture pubbliche? Se sì, con quale frequenza vengono effettuati questi rilievi e come viene determinato che i valori misurati siano conformi ai limiti di legge?
    Inoltre, durante queste misurazioni, viene presa in considerazione la somma complessiva delle diverse fonti di onde elettromagnetiche (Wi-Fi, 2G, 3G, 4G, 5G, ecc.) e la loro interazione in questi ambienti, o vengono valutate separatamente le singole tecnologie?
    Infine, come vengono gestiti eventuali picchi di esposizione e sono previsti aggiornamenti nelle metodologie di monitoraggio per tenere conto delle frequenze più alte utilizzate dal 5G?
  • All'inizio dello scorso anno, i limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche sono stati aumentati da 6 V/m a 15 V/m, nonostante non esistano evidenze scientifiche definitive che dimostrino con certezza che a queste nuove intensità non ci siano rischi per la salute umana, come sottolineato anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre, dal 2012, il Governo Monti ha deciso di adottare una media giornaliera di esposizione su un periodo di 24 ore invece che sulla base di 6 minuti, come era precedentemente stabilito.
    Considerando l'aumento dei limiti di esposizione e la modifica dei criteri di misurazione, non ritiene che queste modifiche possano creare preoccupazioni tra la popolazione, che potrebbe percepire tali decisioni come un tentativo di ridurre la protezione della salute pubblica?
    Quali garanzie scientifiche e metodologiche possono essere fornite per assicurare che l'aumento dei limiti non esponga a rischi inaccettabili, specialmente in considerazione della rapida diffusione di nuove tecnologie come il 5G e di altre ancora più innovative tecnologie di comunicazione che potrebbero avere effetti nocivi per la nostra salute nel lungo periodo?